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Pancrazio Primo Riccitelli nacque a Cognoli di Campli il 9 agosto 1875 da Giuseppe, piccolo proprietario terriero e da Maria Maiaroli, che gli darà altri cinque figli. Il giorno dopo fu battezzato nella vicina casa parrocchiale di Molviano (Campli) e gli venne imposto il nome del nonno Pancrazio. Primo sarà il suo nome d'arte.
Affidato già a un anno alle cure di uno zio parroco, don Carlo Riccitelli, ricevette i primi rudimenti musicali da Nicola Dati, maestro di cappella del Duomo di Teramo. Su una vecchia spinetta donatagli di seconda mano dallo zio, compose a orecchio brevi composizioni pianistiche e qualche lavoro vocale. Ben presto comprese di non essere portato per il sacerdozio. Dopo pochi anni, con la complicità del fratello Antonio, fuggì dal Seminario per dedicarsi interamente alla composizione.
Ai primi di gennaio del 1896, Riccitelli fu ricevuto dal già famoso Pietro Mascagni, da poco nominato direttore del Conservatorio di Pesaro, il quale lo accolse quale allievo. Dai dati reperiti in epoca recente, non si sono trovate tracce di un’iscrizione regolare di Riccitelli in conservatorio, ed è pertanto assai probabile che Mascagni abbia impartito le proprie lezioni di armonia al ragazzo privatamente, avendo egli superato ampiamente i limiti d’età. Tra i compagni di studio coi quali Riccitelli condividerà gli anni pesaresi si conta un altro celebre operista, Riccardo Zandonai.
La stima di Mascagni è testimoniata dal rilascio di un diploma autografo, purtroppo andato perduto, e dall'intermediazione che egli curò con la Casa Musicale Sonzogno di Milano, tra le più importanti e antiche del paese. Da questo contatto nasceranno, su commissione dell’editore, una "Madonnetta", su libretto di Luigi Illica ambientato a Roma in epoca risorgimentale, mai rappresentata per divergenze di vedute interne alla casa editrice, e in seguito, nel 1911, "Maria sul Monte", che andrà in scena con buon successo a conclusione della Stagione Lirica del Teatro Carcano di Milano l’8 luglio 1916 e, in replica, la sera seguente, ma che non sarà mai ripresa.
Richiamato alle armi per lo scoppiare della guerra, Riccitelli si congedò nel 1919 con il grado di sottotenente. A fine giugno, Mascagni lo mise in contatto con Augusto Laganà della Società del Teatro Lirico Italiano, e da quest’ultimo fu impegnato a scrivere un’opera in un atto su libretto di Giovacchino Forzano. Quest’opera sarà "I Compagnacci", la più fortunata ed eseguita delle creazioni di Riccitelli. Melodramma in un atto d’ambiente medievale toscano, che per certi versi può essere accostato al Gianni Schicchi di Giacomo Puccini.
Il 10 aprile 1923 "I Compagnacci" debuttò con esito trionfale al Teatro dell'Opera di Roma, diretto da Gabriele Santini con Taurino Parvis (Bernardo), Ofelia Parisini (Anna Maria), lo spagnolo Antonio Cortis (Baldo), Gino de Vecchi (Venanzio), Luigi Nardi (Noferi), Nelo Palai (Ghiandaia), Anna Maria Bertolasi (la fantesca Salvestra).
Il successivo 15 novembre l’opera fu data in apertura della Stagione Scaligera 1923-24, sotto la direzione di Vittorio Gui, preceduta dalla Salomè di Richard Strauss. Riccitelli fu ripetutamente chiamato alla ribalta.
Il 2 dicembre 1923, grazie anche alla presenza di Giulio Gatti Casazza alla direzione artistica, l’opera fu allestita al Metropolitan di New York e replicata il 2 gennaio 1924. Tra gli interpreti, nella parte di Baldo, vi fu Beniamino Gigli, mentre Elisabeth Rethberg, anch'essa tra le maggiori dive del panorama canoro internazionale di quel periodo, interpretò la parte di Anna Maria. La direzione fu di Roberto Moranzoni, altro allievo di Mascagni. L’opera conobbe da quel momento un numero considerevole di repliche in tutta Italia, nonché al Teatro Khediviale del Cairo nel 1924.
Il 25 marzo del 1925 sposò a Roma Iside Marziani, matrimonio che si dimostrerà poco felice e che resterà senza figli.
In seguito al grande successo de "I Compagnacci", l’impresario Walter Mocchi commissionò a Riccitelli un’opera nuova in tre atti su libretto ancora una volta di Forzano. L’opera, che resta per molti versi l’esito più maturo dell’arte di Riccitelli, sarà "'Madonna Oretta'", anche questa come la precedente di ambientazione fiorentina ai princìpi del Cinquecento. La partitura doveva essere pronta entro il dicembre 1925, ma per una serie di vicissitudini fu composta nel 1927, e dovette poi attendere altri cinque anni prima di andare in scena. La prima ebbe luogo il 4 febbraio 1932 al Teatro Reale dell’Opera di Roma, con Gianna Pederzini nel ruolo della protagonista, Antonio Melandri nella parte del Conte, Carmen Melis in quella di Genovieffa. Concertatore e direttore d’orchestra Gabriele Santini. Quasi con lo stesso cast, ma sotto la direzione di Domenico Messina, "Madonna Oretta" fu rappresentata il 3 maggio dello stesso anno al Teatro Comunale di Teramo.
L’opera verrà replicata più volte e, come “I Compagnacci”, sarà trasmessa per radio dall’EIAR (oggi Rai). "I Compagnacci" verranno nuovamente ripresi, fra l’altro, da Fernando Previtali nel 1939, e da Armando La Rosa Parodi nel 1941.
Dopo brevissima malattia e afflitto da crescenti difficoltà economiche, Riccitelli morì il 27 marzo 1941 a Giulianova, dove fu sepolto. Da qualche anno era impegnato alla realizzazione di "Capitan Fracassa", un'opera comica liberamente ispirata al noto romanzo burlesco di Theophile Gautier, rimasta incompiuta e finora ritenuta perduta. Dopo la scomparsa del musicista, sarà in particolare il librettista Forzano a curare due importanti riallestimenti di "Compagnacci" nel 1952 al Teatro Comunale di Teramo, e nel 1962 al Teatro dell'Opera di Roma.
In epoca recente, a Teramo e a Sant'Egidio alla Vibrata gli sono state intitolate delle vie cittadine. A Sant'Onofrio di Campli, nell'ingresso del cimitero, è stata collocata una statua in bronzo, a lui dedicata, in data 20 aprile 2006. Al suo nome è legato inoltre il complesso bandistico di Bellante.
Dal 1978, a Primo Riccitelli è intitolata la Società teramana dei Concerti, poi Società della Musica e del Teatro "Primo Riccitelli", tra le più prestigiose del centro Italia. Alle cure della Società “Primo Riccitelli”, fra l’altro, si deve il riallestimento de "I Compagnacci" nel novembre 1999 al Teatro Comunale di Teramo, in seguito al quale sono apparse una pubblicazione dedicata e un’edizione discografica, la prima e al momento l’unica esistente.
Il 24 maggio 2011 la compagnia d'opera italo-americana Teatro Grattacielo, impegnata nella riscoperta del repertorio lirico italiano meno conosciuto, ha riallestito "I Compagnacci" al Rose Theatre di New York.
È forse prematuro, se non almeno in parte impossibile, delineare un giudizio storico-artistico complessivo sull’opera di Riccitelli. Questo tuttavia non tanto a causa dell'incompleto lascito artistico riccitelliano, in parte non più ritrovato e dichiarato più volte perduto, complice - è stato aggiunto forse ingiustamente - la poca avvedutezza del compositore stesso, quanto soprattutto per la mancanza di studi musicologici complessivi che possano opportunamente ricostruirne la figura e l'opera. Resta tuttavia indiscutibile il ruolo da attribuire a Primo Riccitelli, per il quale egli va considerato come uno dei maggiori, se non il maggiore, tra i musicisti abruzzesi del Novecento.
Dopo l’apporto dato nel corso dell’Ottocento da figure come Gaetano Braga e Luigi Badia, nonché dalla dinastia dei Malaspina, Pasquale, Domenico e Raffaele, appartenenti per temperie culturale e per stile linguistico al clima musicale tipico del melodramma italiano verdiano e rossiniano, Riccitelli è, con Francesco Marcacci, ma ben più incisivamente di questi, l’artista di maggiore rilievo e di più indiscutibile prestigio che Teramo abbia avuto nel corso del primo Novecento. Il suo linguaggio, come riconosciuto e rimarcato da molti suoi recensori, primo fra tutti dal suo maestro Pietro Mascagni, è sempre di ottima fattura e tutt’altro che di gusto arretrato o convenzionale. Al contrario, esso è interamente pervaso dalla temperie verista e post-verista propria della “Giovane Scuola Italiana”, della quale Riccitelli può a buon diritto essere indicato tra gli esponenti più significativi.